La sera d’inverno quando il tempo non permetteva, a noi ragazzi, di uscire ci radunavamo nella casa di mia nonna che era una miniera di favole, racconti e leggende. Ella si prestava molto volentieri a tenerci compagnia raccontandoci quello che noi volevamo sapere in quel momento.
Quella sera d’inverno ci raccontò la storia del Biviere.
Sapete come è nato il lago Biviere ci chiese?
Un coro di no la sommerse.
Ecco, allora, dovete sapere che nella zona di Manfria viveva un ricco possidente, anzi, un nobile di casato perché discendeva da una famiglia principesca.
Questo nobil signore aveva molti figli, tra i quali spiccava una bella fanciulla bionda, con capelli ondulati che le scendevano docili fin sulle spalle, era esile di figura con gli occhi azzurri come il cielo come dalle nostre parti se ne vedono pochi, poiché il colore dei nostri occhi è nocciola se non proprio neri. La natura oltre ad averla dotata di queste bellezze l’aveva dotata anche di una grande intelligenza, studiava con profitto e sapeva suonare il piano.
In una altra parte di Gela viveva una famiglia che era dedita alla pastorizia, ed i piccoli arrivati ad una certa età venivano mandati nei campi a pascolare il gregge.
Un giorno la fanciulla, mentre studiava, sentì un suono melodioso che veniva dalla campagna, aprì la finestra per sentire da dove venisse quel bel suono, poi si affacciò per vedere chi era che suonava così bene, ma anche aguzzando la vista non vedeva proprio nessuno nei paraggi, ma la musica si faceva insistente e sempre più vicina. Alla fine lo vide, era un bel giovanotto che stava facendo pascolare il suo gregge e riempiva il tempo suonando lo zufolo.
Scese di corsa per incontrarlo e farsi dire il titolo di quella canzone che tanto le stava piacendo.
Alla domanda, il giovane, rispose che quella musica non aveva titolo, perché suonava quello che sentiva nel cuore.
Lei fece per ritornare a casa ma prima volle salutarlo e nel presentarsi gli porse la mano che il giovane, molto ma molto timidamente, fece per stringere.
Appena le dita delle mani si sfiorarono sentirono un impulso strano attraversare i loro corpi e quella sensazione li fece arrossire come due peperoni.
Ora, ogni giorno, la bella contessina aspettava che subito fosse pomeriggio perché in quell’arco della giornata passava il giovane pastore e poteva oltre a deliziarsi con la sua musica anche parlare con lui.
Ormai i due giovani si erano innamorati e i loro colloqui pomeridiani si facevano sempre più intimi, quando per un contrattempo il padre di lei fece ritorno a casa e li sorprese insieme.
Grande fu l’ira del principe nel vedere sua figlia assieme ad un povero pastorello e chiamati i servi li fece imprigionare nella fossa sotterranea, dove di solito veniva custodito il frumento o altri cereali, e li tenne al buio a pane e acqua.
Ogni giorno che passava, visto che i due innamorati non volevano sentirne di lasciarsi, la sua rabbia aumentava sempre di più, finchè pensò di eliminare dalla faccia della terra la famiglia, al completo, del pastorello.
Organizzò una spedizione di malfattori per l’incombenza, ma questi riuscirono ad uccidere solo i genitori perché nel frattempo i figli erano riusciti a fuggire.
Essi trovarono riparo nei dintorni della contrada Mignechi, fra i folti canneti, ma la loro fuga ebbe vita breve perché i malfattori riuscirono a trovarli, li portarono in un luogo aperto e li uccisero con grande crudeltà.
A quello scempio inumano anche gli Angeli del cielo si erano commossi e diruppero in un pianto a dirotto che durò mesi e mesi fino a far nascere un nuovo lago laddove le vite innocenti erano state spezzate.
Dal sangue dei ragazzi, mescolati con le lacrime degli Angeli, nacquero le più belle piante di quella zona che pian piano occuparono tutto lo spazio intorno e anche dentro al nuovo lago.
Quel posto attirò l’attenzione di molti animali perché in quel luogo si sentivano protetti e sicuri. Dal sangue di quei giovinetti e dalle lacrime degli Angeli nacque nuova vita e da esso prese il nome quel luogo, “Biviere”, dal latino “Vivarium”, ossia vivaio.
Fonte: Salvatore Ventura