Ovvero, storia di una scomunica
Il Corteo di migliaia di persone che seguiva il feretro si fermò sullo spiazzo antistante all’ingresso sud della chiese Madre, aspettando che la salma del Cavaliere Navarra venisse introdotta nella chiesa per l’estrema unzione.
Nella stessa mattinata, ed anche il giorno prima, tra il clero di Gela ed alcuni amici dell’estinto ci furono febbrili incontri affinché il parroco della Matrice, Mons. Gioacchino Federico, desse il nullaosta all’ingresso in chiesa della salma, anche per una semplice benedizione. Il Cavaliere era un galantuomo, possedeva un carattere mite e buono ed era, inoltre, un fervente cattolico, però, militava nel Partito Socialista e ciò gl’impediva di essere ammesso da morto in chiesa, anche se il giorno prima, da vivo, aveva preso la comunione nella chiesa di S. Agostino.
Mentre i minuti passavano la folla rumoreggiava sempre più forte; da diversi punti del corteo si levarono grida ed epiteti. Alcune centinaia di persone, spazientite dall’inutile attesa, si diressero, al grido di “aprite la porta”, verso l’ingresso chiuso della chiesa, seguite immediatamente dal resto della folla. Spintoni, pugni e pedate si riversarono sulla porta chiusa dell’ingresso, anche la bara del Cavaliere Navarra, passata intanto di spalla in spalla tra la folla arrivò fino al sagrato. L’insistenza della gente che pressava sempre più sulla porta d’ingresso, nonostante l’opera di convinzione alla calma dell’allora Commissario di P. S. Dott. Savoia, convinse chi si trovava dentro la chiesa ad aprire prima che fosse sfondata la stessa porta, cosicché la folla si riversò in chiesa preceduta dalla bara del Cavaliere che fu posta poi sul pavimento vicino l’altare maggiore. Se le suppellettili della chiesa non furono danneggiate si deve al Prof. Vincenzo Giunta, amico del Cavaliere e, allora, militante nel Partito Socialista, il quale convinse il parroco Mons. Federico a entrare in chiesa per benedire la salma. Era il 10 febbraio del 1961, nella plurisecolare storia di Gela non era mai successo che il popolo entrasse con furore in un edificio di culto per invocare un principio di cristiana eguaglianza.
Giuseppe Navarra nacque a Gela il 7 luglio del 1888. Unico rampollo di una nobile famiglia, che tutto sacrificò per la libertà della Patria nei moti risorgimentali, fu educato ai più nobili principi e virtù dell’animo umano e suo padre Giacomo, già sindaco di Gela dal 1904 al 1911 e protagonista di un’epoca amministrativa che è rimasta indelebile negli annali del nostro comune, rappresentò per lui un costante esempio.
Terminati gli studi si trasferì a Milano dove frequentò con profitto il Conservatorio di Santa Cecilia conseguendo il diploma di maestro di viola e direttore d’orchestra. Durante la permanenza in quella città lo fecero diventare uno degli allievi prediletti del grande maestro Arturo Toscanini il quale gli affidò l’incarico di “aiutobacchetta” per una tournèe in America. La morte immatura del padre, però, gl’impedì di iniziare quella brillante carriera. Così nel 1911 ritornò nel suo paese natio per aiutare la madre ad accudire ai propri averi, e qui la passione per la musica lo indusse a fondare, a proprie spese, una Scuola Normale di Musica, che divenne poi il Liceo Musicale. Fu proprio per la riuscita e continuazione di tale scuola che il Navarra dilapidò parte del proprio patrimonio. Inoltre, insegno gratuitamente per ben 29 anni. Dalla sua scuola di musica uscirono diversi allievi che in seguito riuscirino ad occupare ruoli importanti, di essi ricordiamo: il prof. Luigi Casciana primo violino al Teatro Reale dell’Opera di Roma, il prof. Salvatore Lumia violoncellista al San Carlo di Napoli, il prof. Gaetano Milana primo violino nell’orchestra filarmonica di New York, il prof. Nicolò Romano violoncellista nell’orchestra sinfonica di Ginevra e i prof. Francesco Cacciatore e Emanuele Catania. Inoltre, il Navarra ebbe il merito di curare, istruire ed ispirare alla grande liuteria classica italiana il gelese Emanuele Caruso, divenuto, poi, uno dei più completi e geniali liutai d’Italia.
Tra il 1938 e il 1940 ricoprì nel nostro Comune gli incarichi di Commissario Prefettizio e Podestà. A lui si deve, in quel periodo, l’aumento delle entrate finanziarie del comune, in particolare con la revisione dei ruoli dei vari canoni attivi, improduttivi da vari decenni.
Giuseppe Navarra si può considerare come uno dei pochi amministratori che recepì veramente le esigenze della popolazione per l’edilizia abitativa e, forse, l’unico a prevedere in relazione a ciò, con trentanni di anticipo, l’esplosione dell’abusivismo edilizio. “La passività idiotica od analfabetistica” dei gelesi di vedere scavare tesori e vederli placidamente partire, lo indusse a creare un piccolo museo da ubicare nel palazzo della Medaglia d’oro Giovanni Guccione per custodire i reperti antichi di proprietà del comune (chissà che fine hanno fatto…) e di privati, in particolare la famosa collezione della stessa famiglia Navarra. Il reclutamento nella milizia fascista con relativa partenza per Spezzano Albanese, però, fecero rimanere nelle intenzioni tale istituzione.
Il Cavaliere Navarra sentì molto i problemi culturali della sua città, tanto da dare, tra l’altro, un notevole impulso alle attività teatrali. Con la doppia qualità di Podestà e Direttore della locale Associazione Amici della Musica, riuscì a dar vita ad una lunga serie di manifestazioni artistiche con la presenza nel nostro Auditorio Comunale di famosi nomi come Casella, Bonucci, Poltronieri, Brengola ed altri ancora. Fece riaprire, inoltre, la Biblioteca Comunale, da anni chiusa per mancanza di personale, che affidò al Prof. Giovanni Mela con la carica di Direttore onorario.
Nel dopoguerra fu candidato al senato e all’Assemblea Regionale senza però raggiungere il quorum necessario di voti; ricoprì poi la carica di segretario politico del partito Socialista e, nel 1960, venne eletto consigliere comunale. Nel 1961 gli fu dato l’incarico di assessore ai LL. PP. nella prima amministrazione di centro-sinistra, incarico che non potè espletare per la sopravenuta morte.
Fonte: Nuccio Mulè