Nei tempi passati capitava spesso che pentole, recipienti da cucina, piatti, brocche, giare, ecc. essendo fragili perché fatti di creta cotta, se sottoposti agli urti, si rompevano. Nelle tasche delle famiglie vi erano pochi soldi e quindi non si poteva affrontare la spesa per comprare dei nuovi, e allora si aspettava che passasse u conzapiattiper farli riparare, e così per ogni cosa fatta di terracotta.
U’ Conzapiatti! Arrivau ù Conzapiattii!!!” L’omino gridava con tutto il fiato che aveva in corpo per annunciare la sua presenza e cosi raccogliere l’eventuale lavoro. Le donne si precipitavano a raccogliere ciò che era rotto e uscivano in strada per farseli aggiustare. U conzapiatti chiedeva se poteva avere una sedia e sistematosi in un punto della strada iniziava a lavorare sotto gli occhi attenti della donne che in ogni modo cercavano di far dare meno punti possibili per risparmiare sul prezzo. Terminata la fatica si passava al compenso pattuito in precedenza e che dipendeva dal numero dei fori eseguiti: generalmente negli anni 30-40 ù Conzapiatti esigeva un soldo per ogni foro;e, considerato che 20 soldi corrispondevano a una lira,dieci fori costavano mezza lira.
Quando non c’erano soldi ci si metteva d’accordo e si barattava il lavoro con roba da mangiare;qualche etto di formaggio,un po’ di fagioli o di ceci,o anche delle verdure.
U conzapiatti per fare il suo lavoro, si serviva di un trapano particolare composto da due aste di legno disposte a croce, della lunghezza di circa cinquanta centimetri e del diametro di due centimetri e mezzo ciascuna, un filo di spago e una punta d’acciaio. La prima asta, verticale, rotonda e liscia, era forata nell’estremità superiore per lasciar passare lo spago mentre, all’estremità inferiore, aveva montata una palla o una ruota abbastanza pesante, sulla quale era innestata una punta d’acciaio per forare la terracotta.
La seconda asta, disposta trasversalmente alla prima, era più piatta al centro e più larga, con un foro attraverso il quale passava l’asta verticale ed era forata ad entrambe le estremità per legarvi lo spago. Quando il rudimentale trapano era montato, si faceva girare l’asta verticale, mentre si azionava su e giù quella orizzontale: favorito dal peso, il trapano girava veloce, ora in un senso e ora nell’altro e la punta forava la terracotta.
Dopo aver praticato i fori in corrispondenza sull’uno e l’altro pezzo, u conzapiatti passava uno strato di mastice di quei tempi sulle parti slabbrate dei cocci, per evitare perdite di liquidi (sugo, brodo, ecc.) e, infine, “cuciva” le parti con filo di ferro, che intrecciava e stringeva con la tenaglia. Il piatto o qualunque altro oggetto di terracotta, era così pronto per essere riutilizzato. Certamente non era igienico ma non cerano altre soluzioni perché non c’erano soldi a disposizione delle famiglie.
La povertà era grande!