I NOSTRI EROI

Cerimonie che onorano la città di Gela

Tra gli episodi più significativi dell’epoca rievochiamo in queste pagine le giornate celebrative in onore dei figli di Gela insigniti di Medaglia d’Oro al valore Militare.

Tenente Giovanni Guccione

Tenente Giovanni GuccioneLa nostra città, terra che diede i natali a questi illustri concittadini andò fiera della gloria del loro eroismo.

Nel 1923 A Terranova di Sicilia, furono tributati onori immensi in occasione dei funerali del Ten. Giovanni Guccione caduto durante il conflitto della prima guerra mondiale 1915/18.

C’è ancora oggi chi si ricorda quella bellissima giornata quando il dott. Francesco Savà, illustre scrittore gelese, commemorò l’eroe Terranovese.

Riportiamo alcune bellissime parole pronunciate dal dott. Savà in quella occasione: “Poche città hanno la fortuna di avere un diadema cosi brillante come Gela, sentinella avanzata della sponda sicula che adagiata sull’antichissimo colle guarda il Mediterraneo”.


Capitano Emanuele Guttadauro

Capitano Emanuele GuttadauroUn’altra bellissima cerimonia, ricorda il valore e l’eroismo di un secondo nostro concittadino caduto per gli ideali di Patria (22 luglio 1938).

Fu un bel ragazzo il dott. Emanuele Guttadauro, al quale l’affascinante divisa di ufficiale dei Bersaglieri indorava l’animo e la forza dell’eroe.

Sono parole queste espresse dal prof. Emanuele Morselli, altro illustre nostro concittadino, citate nel libro “Gela Eroica” scritto dallo scrittore Francesco Savà, per ricordare appunto le medaglie d’Oro che Gela vanta nella storia.

Queste figure di giovani eroi, riempiono senza dubbio di orgoglio la nostra citta, oltre a farne la storia-Patria per la nuova generazione.

 

Tenente Giulio Cesare Siragusa

Tenente Giulio Cesare SiragusaUn altro episodio significativo vogliamo rievocarlo proprio per la nuova generazione. Nel maggio del 1950, dinanzi ad una folla immensa, in Piazza Umberto I, ebbe luogo la cerimonia per la consegna della Medaglia d’Oro al Valore Militare alla madre dell’eroe Giulio Siragusa, caduto durante il secondo conflitto mondiale 1940/45. in quella occasione, presenti tutte le autorità compresi quelli militari, l’on. Salvatore Aldisio Ministro dei LL. PP. pronunziò il discorso celebrativo in onore dell’eroe gelese.
Riportiamo alcune sue stupende frasi: “Nel consegnare alla madre del caduto, la medaglia d’Oro al valore militare, sento di interpretare il sentimento di tutti i cittadini di Gela i quali mirano nell’eroe l’espressione più pura del sacrificio e dell’amore di Patria”.

Così continua l’on. Aldisio, “e vicino a noi splendono le altre due Medaglie d’Oro quella di Giovanni Guccione e Emanuele Guttadauro i quali, in epoche diverse, furono falciati dalle mitragliatrici e morirono con lo stesso grido con cui sarà scomparso nella mischia il vostro Giulio, il grido di viva l’Italia inviato al cielo quale anelito supremo….”

Maresciallo Ordinario Sebastiano D’Imme

Maresciallo Sebastiano DImmè* Militello Val di Catania il 01 novembre 1965
+ L ocate Varesino (Como), 6 luglio 1996.

Nel 1998 il Presidente della Repubblica gli concesse, alla memoria, la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
Addetto a nucleo operativo di Comando Provinciale, nel corso di predisposto servizio antirapina svolto unitamente a parigrado, intercettava due pericolosi pregiudicati a bordo di un’autovettura di provenienza furtiva. Percependo che gli stessi, avvedutisi di essere stati individuati, potessero sottrarsi al successivo controllo già predisposto con il concorso di personale di rinforzo, non esitava ad affrontare i malviventi, venendo però fatto segno a violenta azione di fuoco. Benché colpito in più parti del corpo, con eccezionale coraggio e non comune determinazione, replicava con l’arma in dotazione finché si accasciava esanime al suolo. Fulgido esempio di elette virtù militari e di altissimo senso del dovere, spinto fino all’estremo sacrificio “.

Il 7 maggio del 2000, inoltre, il Comune di Trovo (Pavia), gli ha intitolato, con solenne cerimonia, la propria Sala Consiliare

Questa è la mia testimonianza di quando accaduto, il 1° di novembre del 1996, al cimitero monumentale di Gela

Verso le ore nove sono arrivati due giovani carabinieri con un bellissimo cesto di fiori e arrivati vicino alla tomba, siccome non conoscevano il punto preciso della sepoltura,  hanno domandato a delle persone dove era seppellito il maresciallo D’Immè, quelle persone li hanno accompagnati fino al luogo dove si trovava l’allora sepoltura del maresciallo, che era proprio di fronte alla tomba di mio nonno, li hanno ringraziati per la loro gentilezza e poi hanno deposto il cesto sopra la foto del maresciallo. A questo punto si è sentito un solo colpo di tacchi, che ha attirato l’attenzione di tutti quelli che stavano li vicino, esternando il saluto militare al berretto stando sull’attenti. Sono rimasti così per un bel po’ e finito il saluto militare sono rimasti sull’attenti per tutto il tempo della loro visita al maresciallo.
Questo comportamento ha suscitato nella gente rispetto e commozione tanto che si è fatto spontaneamente un semicerchio attorno ai due carabinieri per non disturbarli. La gente si è fermata per tutto il tempo della visita e ha cominciato a scorrere solo dopo che i due carabinieri hanno terminato la visita al loro maresciallo.
Oggi la tomba del maresciallo Sebastiano D’Immè si trova dietro al sacrario-ossario dei caduti di tutte le guerre dove il comando dei carabinieri di Gela ha voluto costruire il monumento che ne custodisce le spoglie.

Notizia del 17/01/2009 messa in rete alle 14.39.39

Un libro per rendere omaggio al Carabiniere “Nello” D’ImmèLibro Nome in codice OmbraSebastiano D’Immè era il primogenito di una famiglia originaria di Militello Val di Catania. Il padre Salvatore, dipendente dell’Eni, oggi in pensione, s’era trasferito con tutta la famiglia nel quartiere di Macchitella, dove tutt’ora risiede, in una palazzina di 4 piani ospitante sedici famiglie. In quella palazzina di Via Sabbioncello, Sebastiano D’Immè (nella foto) ha trascorso la sua infanzia e la sua adolescenza fino a diventare adulto. Con lui, sono cresciuti tanti ragazzi, tra cui anche chi scrive. “Nello”, come noi siamo abituati a chiamarlo, era un ragazzo premuroso, educato, rispettoso, oltre che generoso e leale. Col tempo queste qualità si sono consolidate in lui fino a farne un vero uomo. Per sua scelta è stato un vero carabiniere, ma avrebbe potuto essere un vero ingegnere, un vero avvocato, un vero professore e via discorrendo, perché tale era la sua natura: vera. La sua breve ma intensa esistenza, si è dolorosamente spezzata all’età di soli 31 anni, mentre svolgeva servizio di antirapina, in un agguato a Locate Varesino (Como). Il suo cuore è stato donato ed è tornato a battere nel petto di un altro. Dei suoi due carnefici, individuati poco dopo a Milano, uno è caduto sotto i colpi delle forze dell’ordine, l’altro sta scontando l’ergastolo.
Medaglia d’oro al valor militare alla memoria, il suo nome è incluso fra i “Martiri della Libertà” nella relativa piazza (zona 4 canti) lungo il corso principale di Gela: città che ha, altresì, intitolato in sua memoria la piazzetta (ex Piazza Ungheria) lungo la Via Ettore Romagnoli sotto la posta centrale. Un monumento commemorativo è presente anche al cimitero cittadino, dove mamma, papà, sorella, fratello ed amici possono recarsi a trovarlo. A Militello, la caserma dei carabinieri è stata dedicata a questo sottoufficiale, autentico campione dell’arma, la cui storia a distanza di 12 anni e mezzo da quel maledetto luglio del 1996 è diventata ora un libro, già oggetto di culto letterario a pochi giorni dalla sua diffusione iniziata nel periodo pre-natalizio, edito da Laurus Buffo (costo: 25 euro) e dal titolo “Nome in codice, Ombra”.Scritto a quattro mani, dal giornalista e scrittore romano Mirco Maggi coadiuvato dal Capitano dei Carabinieri Cataldo Pantaleo (di origini tarantine), il volume è nella prima parte una sorta di romanzo no-fiction, ispirato alla vita e alla morte del maresciallo dei carabinieri; mentre nella seconda parte consiste in una dettagliata e toccante ricostruzione corredata da foto, documenti, testimonianze della moglie (con cui s’era da poco sposato e con la quale risiedeva ad Arcore che lo ha poi omaggiato di una sua via) e colleghi-amici, nonché perizie balistiche, intercettazioni ambientali ed atti processuali fino ad oggi inediti: il tutto in oltre 250 pagine, frutto di 2 anni di lavoro dei due autori che devolveranno parte dei diritti all’ente assistenziale per i figli dei Carabinieri caduti in servizio (o.n.o.m.a.c.). La prefazione è stata curata dal Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale Gianfranco Siazzu, mentre l’introduzione è stata firmata dal Procuratore Aggiunto del Tribunale di Milano Armando Spataro: non si tratta di un caso, considerato che con il Maresciallo D’Immè entrambi avevano collaborato a stretto contatto, potendone apprezzare virtù umane e professionali.

Un libro che è un omaggio: per non dimenticare. Il suo sacrificio merita di essere tramandato e, così come per altri, ben vengano iniziative editoriali del genere. Un libro di valori ed insegnamenti reali, in cui si può apprezzare, peraltro, un indovinato abbinamento tra romanzo e realtà, con un ritmo ed una tensione palpabili ma senza scadere mai ed opportunamente nell’eccesso, evitando di tradire lo spirito stesso del suo protagonista. Perchè un uomo che non aveva nulla da rimproverarsi davanti allo specchio non deve essere mai dimenticato e la sua lezione deve essere conosciuta da quanti più possibile. Sebastiano D’Immè era un uomo ed un carabiniere, la cui cultura del servizio e dell’abnegazione sono rimaste nell’ombra, così come il suo nome in codice, finché egli è rimasto in vita; ma dalla sua prematura dipartita, quella cultura della difesa fino alla morte dei valori in cui credeva, quali l’onestà, la giustizia e la libertà, deve essere sottratta all’ombra ed all’oblio: la sua storia, al contrario, deve essere ricordata perché così “Nello” rivive e con lui un concreto modello educativo per le generazioni vecchie e nuove.

Autore : Filippo Guzzardi – Corriere di Gela Online


Caporal Maggiore Monica Contrafatto

Monica ContrafattoNata a Gela il 09/03/1981
Medaglia d’oro al valor militare
Caporal Maggiore Scelto Ruolo d’Onore Monica Graziana Contrafatto, è nata a Gela il 09/03/1981. Arruolata nel Giugno del 2006, dopo il periodo d’ addestramento al 235 R.A.V. “Piceno” è stata trasferita al 1° RGT Sostegno AVES “IDRA” e dopo aver vinto il concorso da V.F.P.4 è stata trasferita con mansioni operative, nell’Ottobre del 2007, al 1° RGT “Bersaglieri”. Ha svolto diverse attività quali: strade sicure; strade pulite; G8 e 2 missioni in Afghanistan; la prima nel Novembra/2009-Aprile/2010 e la seconda, dove è stata gravemente ferita, nel Febbraio-Marzo/2012. Adesso presta servizio presso lo Stato Maggiore dell’ Esercito.

Dopo i fatti del marzo di tre anni fa, quando Monica Contrafatto, insieme ad altri commilitoni, finì al centro di uno scontro contro un gruppo di ribelli afghani nella valle del Gulistan, è stata il ministro della difesa Roberta Pinotti a riconoscerle la massima onorificenza. Una cerimonia pubblica nel corso della quale la soldatessa gelese ha avuto modo di salutare il ministro, ottenendo il riconoscimento al valore.

Motivazione della Medaglia al Valor Militare

“Anteponendo l’incolumità dei colleghi alla propria, dopo l’arrivo di una prima bomba da mortaio faceva sgomberare la propria tenda, indicando ai propri commilitoni di recarsi nei bunker e salvando loro la vita – si legge nella motivazione – mentre si portava al proprio mezzo per attuare le azioni di contrasto, rimaneva gravemente ferita dall’esplosione di un’ulteriore granata che colpiva la stessa area e, malgrado il lancinante dolore con spiccato coraggio rifiutava le prime cure e incitava i propri commilitoni alla reazione, prima di accasciarsi stremata”.

Fonte: quotidianodigela.it


Salvatore Damaggio

salvatore damaggio fischieE’ una storia che colpì l’immaginazione della gente e presto si trasfigurò in leggenda.
A significarla, più di ogni parola, vale il pennello del pittore, il quadro di Pranzetti riportato quì sotto:
Uno scenario selvaggio, orrido, corrusco di fuoco: un soldato è piegato sulla mitragliera mutila del trepiede e sostenuta dalla spalla di un altro soldato, e sprigiona dall’arma il micidiale rosario dei suoi colpi a rintuzzare l’assalto rabbioso dei nemici avanzanti. Tende egli contro di essi l’arma, muscoli e cuore palpitano, scattano in sintonia…
La storia registra e celebra l’ardimento di quel soldato.
Era il 2 luglio del secondo anno della 1° guerra mondiale (1916) e nello scacchiere del Pasubio infuriava una cruenta battaglia: gli Austriaci, dopo aver rovesciato una tempesta di piombo e di fuoco sulle nostre posizioni e dopo avervi falcidiato interi nostri reparti, avanzavano per impadronirsi di un passo (quello del dipinto) che era di importanza strategica nel settore; erano sicuri del successo… quando incontrarono la resistenza di quel soldato che, guidando pochi commilitoni superstiti come lui dalla precedente tregenda della battaglia e, operando con quell’arma mutila, chiudeva il passo, quasi nuova Termopile…
E così ne frustava l’intento.
Quel soldato era un figlio di Gela (allora Terranova) e il luogo della leggendaria resistenza, intitolato al suo nome – Salvatore Damaggio – ne serba e infutura il ricordo.
E’ il ricordo dell’”Eroe del Pasubio”, come lo appellò la gente di quelle contrade.

Fonte: Virgilio Argento