L’argilla o creta è la materia prima usata per la fabbricazione della ceramica. Essa si reperisce in negozi specializzati, di articoli di belle arti, da ceramisti o altrimenti si può prelevare dal terreno stesso. La si trova di solito a 50 cm/1 m circa di profondità
nei punti dove la terra si è staccata di netto, sui gomiti o nelle crepe vicino ai torrenti.
L’argilla sotto il profilo mineralogico è una roccia composta, da uno o più minerali, classificati chimicamente come silicati idrati di alluminio con quantità subordinate di altri elementi quali: magnesio, sodio, potassio, calcio e ferro.
Le argille dal punto di vista cristallografico appartengono ai fillosilicati da “fullon” dal greco foglia, di fatti, la sua struttura chimica è composta da strati di elementi combinati atomicamente in tetraedi e ottaedri che formano dei “pacchetti”, che costituiscono l’unità fondamentale della sostanza.
Tra gli interstrati dei pacchetti oltre che al sodio ed al potassio vi risiedono alcune molecole d’acqua , tipiche dei materiali argillosi, chiamate acqua degli interstrati.
All’interno dei teatredi e degli ottaedri formati dall’ ossigeno, dall’ossidride, dall’ alluminio e dal silicio si combinano con essi alcune sostanze idrossili che formano la cosiddetta “acqua chimicamente combinata”.Inoltre per essere impastata l’argilla necessita di ulteriore acqua aggiunta che evapora quasi totalmente durante l’essiccazione.
Lavorazione dell’argilla:
L’argilla deve essere ben impastata prima della modellazione in modo da eliminare tutti gli eventuali vuoti d’aria e renderla compatta; generalmente l’argilla acquistata pronta per l’uso ha subito questo trattamento di pressurizzazione con appositi macchinari. Inoltre bisogna usare piccoli accorgimenti e cura nella lavorazione, non manipolarla eccessivamente per evitare di sfaldare la sua struttura in modo che non si formino crepe e rotture durante le fasi di essiccazione e cottura.
Essiccazione:
Una volta creato, un manufatto va lasciato riposare all’aria. Durante l’essiccazione l’oggetto subisce una riduzione di volume che varia a secondo della qualità di argilla utizzata: le particelle d’acqua evaporano, lasciando così degli spazi vuoti, le altre molecole, quindi, slittano avvicinandosi, coprendo quasi tutto lo spazio lasciato dall’acqua.
I vuoti che rimangono una volta avvenuta l’essiccazione danno luogo alla porosità dell’oggetto.
Cottura:
Una volta essiccato il manufatto, lo si cuoce, in forni speciali che raggiungono temperature molto elevate; con la cottura l’oggetto si riduce ulteriormente e diviene più leggero e resistente. Esistono diversi e numerosi modi di cuocere l’argilla, ma in ogni caso il calore deve aumentare gradualmente e la cottura è un processo che necessita di molte ore.
A 200°C avviene la prima eliminazione dell’acqua residua dell’impasto e dell’acqua contenuta fra gli interstrati; tra i 300°C e i 600°C circa l’oggetto subisce la combustione delle materie organiche e viene liberata l’acqua “chimicamente combinata”.
A 800°C avviene la decomposizione dei carbonati di calcio:
oltre i 1000°C temperature che generalmente vengono raggiunte per la cottura del gres o del caolino cominciano a fondere i feldspati dando luogo a una vetrificazione tipica delle due qualità di argille soprannominate .
Il raffreddamento del forno deve essere raggiunto gradualmente; il momento più critico e quando la temperatura passa dai 650°C ai 500°C dove avviene il processo di riconversione del quarzo, minerale presente i tutti i tipi di argilla.
Dopo la cottura l’oggetto ha subito un’ulteriore riduzione di volume che varia a secondo della qualità di argilla utilizzata e del tipo di forno in cui è stato cotto.
Qualità e varietà dell’argilla:
L’argilla, quindi appare, da cruda, come una massa plastica di colore diverso a seconda dei minerali e degli ossidi da essa contenuti. I colori variano dal bianco, giallo grigio, rosso, blu, marrone e nero.
Accenni sulla decorazione e colorazione degli oggetti di terracotta:
La decorazione dei manufatti può avvenire sia durante la lavorazione lasciando impronte con oggetti anche di uso comune (ad esempio pettini, forchette, corde ecc.), incidendo l’argilla quando è ancora fresca o a durezza “cuoio”, con basso rilievo
oppure colorando e disegnando il manufatto.
I colori usati per la decorazione della terra cotta sono di vario tipo:
-colori da ingobbio. sono colori generalmente composti da terre e ossidi, si usano sul biscotto (oggetto cotto una volta) o a crudo. Con la cottura si fondono e rimangono opachi. Normalmente sono polveri da mescolare con l’acqua, in commercio si trovano anche
già mescolate.
Cenni storici:
La creta o argilla è da considerarsi un materiale povero, ampiamente utilizzato dall’uomo di tutto il mondo, fin dalla preistoria.
Gli oggetti di terracotta ritrovati dagli archeologi negli scavi si rivelano molto utili per le datazioni degli strati archeologici e come testimonianze di fatti ed eventi (anfore funerarie, vasi. monili, statuette ecc).
Le prime testimonianze archeologiche dell’origine della ceramica risalgono al periodo neolitico, quando a causa della nascita dell’agricoltura e dell’allevamento del bestiame l’uomo primitivo cominciò ad insediarsi in comunità e a costruire villaggi. Nel medio
oriente nei millenni 9000 7000 a. C.. in Europa nel 7000 a. C.
La conoscenza dell’argilla e delle sue capacità plastiche probabilmente è avvenuta del tutto casualmente; L’attenzione dell’uomo primitivo potrebbe essere stata attirata da impronte lasciate su un terreno argilloso ed essiccate al sole o dal rassodamento del terreno dove ardeva il fuoco.
La caratteristica primaria della ceramica neolitica è di essere cotta nel fuoco e s imanifesta in due tipi di manufatti: figurine a tutto tondo e contenitori (ciotole, tazze stoviglie vasi) plasmati e levigati a amano di forme semplicissime che traggono l’ispirazione dai vegetali. L’esigenza estetica era già vivamente sentita dall’uomo primitivo e si esprimeva con decorazioni incise, con corde che lasciano l’impronta sull’argilla fresca, o incisioni puntiformi che seguono un modulo lineare: Dapprima l’arte della ceramica probabilmente veniva praticata soprattutto dalle donne
che costruivano stoviglie e contenitori per i cibi. In seguito con l’invenzione della ruota da vasaio vi fu un primo passo verso il perfezionamento della tecnica di fabbricazione e si ebbe possibilità di ottenere stoviglie e contenitori di forme più complesse (vasi, anfore otri ciotole ecc.) con forme simmetriche rispetto all’asse di rotazione della ruota Si andò così sviluppando l’arte del vasaio che divenne un vero e proprio mestiere; botteghe si andarono ad insediare vicino ai giacimenti argillosi e i
vasai mantenevano segrete le tecniche di lavorazione tramandandosele di padre in figlio.
Una forte tradizione commerciale e artistica della ceramica si sussegue nei secoli fino all’inizio del nostro secolo.
Con l’avvento dell’era industriale e lo sviluppo tecnologico ed economico nel mondo attuale il mestiere del vasaio e andato via scomparendo: sono ormai pochissimi gli artigiani ceramisti che lavorano con il tornio e riescono a praticare la loro arte come
solo mezzo di sostentamento.
Piccola ricerca antropologica e mitica sull’argilla:
Nella società Europea tradizionale il mestiere del vasaio era spesso esercitato da un gruppo più che da individui singoli. Esistevano famiglie di vasai ed ogni membro metteva “le mani in pasta”. i vasai generalmente commerciavano i propri prodotti
portandoli alle fiere o li affidavano ad intermediari.
L’argilla ci ricorda il mito biblico della creazione, in cui Dio plasmò l’uomo con l’argilla a sua immagine e somiglianza e gli diede la vita soffiandogli sopra.
Fonte: Licia Rossi
I CANALARA
Percorrendo la vecchia via Mare, adiacente alla spiaggia, superati i magazzini, ch’erano adibiti alla salamoia delle sarde, alla lavorazione della palma nana per fare le scope e all’imballaggio delle spugne, proseguendo verso ovest e cioè verso il “caricatore” (porto), ci s’imbatteva in una serie di casupole dai tetti bassi, dentro le quali c’erano il forno circolare e seminterrato per cuocere i manufatti d’argilla, un rudimentale tornio di legno, azionato con i piedi, per dare forma alle “quartare, lanceddi, bbummila, vasi da fiori, ecc.” cioè gli orci, e il “quadro”, cioè una cornice in legno vuota con un filo di spago, per dare forma “e canala”, cioè alle tegole da cui il sinonimo “canalara”, cioè fabbricanti di tegole.
Questa attività tanto fiorente nel passato, in quanto molta produzione veniva esportata nei paesi dell’entroterra gelese, andò via, via, scemando per la spietata concorrenza delle fornaci meccanizzate. Le fornaci antiche di via Mare furono diroccate in quanto espropriate per dare posto alla sede stradale che conduce al porto rifugio e per la costruzione delle case popolari.
Oggi qualche “canalaru”, cioè fabbricante di tegole d’argilla, resiste con la sua piccola fornace lungo l’argine del fiume Gela nei pressi dello stabilimento petrolchimico, per l’insopprimibile volontà dell’uomo che ha nel sangue l’arte degli antichi padri.
Fonte: Rosario Medoro